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Il costante incremento dell’età media della popolazione generale ha determinato una maggiore durata della vita “attiva” e quindi anche una maggiore richiesta in termini di funzionalità articolare da parte del paziente.
Come conseguenza di tutto ci ritroviamo un peggioramento delle patologie osteoarticolari a carattere degenerativo soprattutto nei soggetti adulti e anziani che conducono una vita più dinamica e praticano sport.
Tali pazienti, alla richiesta di una soluzione per le problematiche articolari soprattutto di anca e ginocchio, generalmente presentano aspettative che vanno aldilà dell’eliminazione o riduzione del dolore e della ripresa di una articolarità, in quanto vorrebbero poter riprendere non solo la loro vita attiva quotidiana ma anche pratiche sportive, seppur di basso profilo.
In tale ottica, poiché il successo clinico di un artroprotesi è notevolmente documentato e pubblicizzato, negli ultimi decenni si è verificato un notevole incremento degli impianti protesici in soggetti “iperdinamici”.
Tale chirurgia si avvale oggi di tecniche e vie di accesso sempre più conservative e di materiali altamente performanti, che permettono alla protesi una adeguata integrazione.
Non raccomandiamo sport ad alto impatto per l’aumentato rischio di frattura e un’accelerazione dei fenomeni legati all’usura dei materiali.
Alcune attività in particolare (per esempio calcio, sci, tennis così come squash) comportano carichi articolari superiori a quelli fisiologici determinando elevati livelli di usura (per esempio del polietilene) così come un rischio aumentato di caduta con possibili effetti catastrofici in caso di paziente protesizzato.
Il nostro consiglio è quindi di evitare tutti gli sport che comportano violente sollecitazioni dell’articolazione così come stress torsionali, ma consigliamo attività come il nuoto, esercizi aerobici a basso impatto, bicicletta, tiro con l’arco, così come altri sport a basso impatto.
Si consiglia di aspettare almeno 6 mesi dopo l’intervento protesico e lasciarsi consigliare dal vostro chirurgo.
Sicuramente, il successo della chirurgia, in soggetti con una artropatia grave è ben documentato in letteratura ma l’ampia diffusione della procedura anche in soggetti giovani ha aumentato il rischio di fallimento precoce o tardivo degli impianti.
E’ quindi importante studiare il singolo caso per decidere quando procedere all’intervento chirurgico.